Il momento di cambiare - Ep. 1

Il momento di cambiare - Ep. 1

Ciao sono Alessandra Eleonori, doppiatrice e speaker e ti do il benvenuto in “Voglio quindi posso”, un podcast dove condividerò con te le esperienze che ho vissuto e le lezioni che ho imparato, quando ho deciso che era giunto il momento di cambiare vita, perché spero che, ascoltandole tu possa trovare un punto di vista diverso, che, forse, non avevi ancora considerato .perché… la vita… è magia!

Fermati e prenditi un momento per rispondere a questa domanda: stai facendo il lavoro che hai sempre sognato? Fallo di getto senza pensarci troppo. Sai perché te lo chiedo? Perché è una riflessione che mi è capitato di fare in passato, durante uno dei miei quotidiani viaggi mattutini per raggiungere l’ufficio. Sempre più spesso incontro o sento persone che non sono contente del loro lavoro o della vita che stanno facendo. Sia che si tratti, appunto di lavoro, oppure di relazioni affettive, o della propria forma fisica…qualsiasi sia il settore, ci sono moltissime persone che sono scontente o addirittura infelici perché magari avevano un sogno nel cassetto, una passione che li faceva vibrare, un desiderio che volevano si avverasse e che, in qualche modo, non hanno voluto o non hanno avuto la possibilità realizzare. E sì, perché a volte, siamo noi stessi a darci dei limiti. Ma di questo parleremo più avanti.

Durante uno di quei famosi tragitti verso l’ufficio, quella domanda continuava a ronzarmi nella testa.   E allora mi sono fermata in un parcheggio vicino all’agenzia per la quale lavoravo e ho metaforicamente schiacciato il tasto “pausa” su me stessa. In quel momento ho messo in stand by tutto: i rumori, il vociare della gente, i clacson, i cani che abbaiavano, il cellulare..e la mia ansia e, per la prima volta, ho guardato dentro di me alla ricerca di una risposta.

Siamo tutti troppo presi dal mondo che ci circonda. Il lavoro, la famiglia, i figli, gli altri, gli imprevisti, ma quando riusciremo almeno per 5 minuti ad essere “presi di noi”? Presenti di noi.

Il mio percorso per capire a che punto fossi è iniziato proprio in quel parcheggio. Avevo 38 anni ed è scaturito da una seconda domanda, ancora più intensa e prepotente: se domani non dovessi più svegliarmi o se sapessi di avere davanti a me ancora pochi giorni da vivere, sarei contenta della vita che sto facendo? Detto in parole più semplici: fin qui, ho realizzato almeno uno dei sogni nel cassetto che avevo? Credo che questa domanda insieme naturalmente a tante altre abbia condizionato tutte le scelte più difficili della mia vita, ma credo anche, che sia stata un dono vero e proprio che mi ha in un certo senso costretta a riflettere seriamente. Prova a pensarci anche tu. Da quanto tempo non ti fermi nel silenzio e non ti ascolti?

È iniziato tutto per caso, anche se, come dice Leroy Jethro Gibbs in NCIS una nota serie tv, citando la regola n° 39: “Non esistono le coincidenze” (parliamo dell’ep 21 – 7 stagione).

Ma questo lo vedremo nel secondo episodio quando parleremo di sincronicità. A proposito, se non vuoi perderlo, clicca sulla campanella se mi stai ascoltando su youtube oppure clicca su seguimi, così quando uscirà potrai ascoltarlo subito.

Stavo attraversando un periodo lavorativo molto impegnativo. Al tempo ero account presso un’agenzia di pubblicità e il mio capo mi faceva letteralmente vedere i sorci verdi. Riunioni 5 minuti prima dell’ora di uscita, (Alle 18.30 riunione dello staff!) urla per qualsiasi cosa e non solo dirette a me (No, no, no così non va bene. Il documento va fatto come quello dell’anno scorso!) rimbrotti perché pretendeva rientrassi prima dalla pausa pranzo (ti sembra questa l’ora di rientrare?), telefonate all’alba molto prima dell’orario dell’ufficio per verificare se sapessi cosa dovevo fare durante la giornata (per le 10 ho bisogno del meeting report e poi devi chiamare il cliente per accertarti che…). Una mattina non ho sentito il telefono e appena arrivata in ufficio si è esibito in una serie di parole molto colorite dicendo addirittura che non avevo risposto apposta (tanto lo so che l’hai fatto di proposito!).  Insomma, una situazione che mi stava mettendo parecchio sotto pressione. Mi sentivo frustrata, stressata e molto, molto arrabbiata. E tu invece, qualsiasi sia la tua professione, nel tuo spazio lavorativo, che atmosfera respiri? Riesci ad avere un momento dove sei in relax e puoi vivere senza stress quello che fai?

Per quanto mi riguarda io avevo il mio raggio di sole. In quel periodo stavo frequentando il triennio della scuola di doppiaggio e si stava palesando sempre più insistentemente dentro di me la passione per questo mestiere. Il sogno nel cassetto che volevo realizzare fin da piccola, iniziava a bussare timidamente. Dal un bel gioco, si stava trasformando in qualcosa di più serio e profondo. E il destino, o l’universo o il caso, chiamalo come vuoi, mi rincorreva lasciando qui e là dei segnali…

In una delle numerose trasferte, stavo perdendo tempo curiosando in una libreria della stazione, quando un libro in particolare ha richiamato la mia attenzione: si intitolava “Cento giorni di felicità” di Fausto Brizzi. Di getto, lo compro. Sì perché devi sapere che ho un bruttissimo vizio: non riesco ad uscire da una libreria senza almeno un libro, che più spesso diventano anche di più. Già dalle prime pagine lette sul treno la storia mi ha preso e mi ha fatto riflettere. La trama è quella di un uomo, Lucio, che sa che avrà 100 giorni di vita prima del traguardo finale. In questi 100 giorni si prefigge l’obiettivo di lasciare un bel ricordo ai figli, giocare con gli amici e riconquistare la moglie, ma soprattutto di essere felice ogni giorno che gli rimane.

Quel libro mi ha insegnato che spesso ci dimentichiamo che non siamo immortali e che potremmo andarcene da un momento all’altro. E da qui la fatidica domanda in quel parcheggio: se domani non dovessi più svegliarmi o se sapessi di avere davanti a me ancora pochi giorni da vivere, sarei contenta della vita che sto facendo?

E la risposta in quel momento fu: No //Eh già….E adesso?

Hai presente quando ti arriva un ceffone dritto in faccia?

Da quel momento ho iniziato a fare una serie di riflessioni per comprendere cosa non andasse. Era l’ambiente? Era il capo? Era il lavoro di per sé? Erano i clienti? Lo stress legato al raggiungimento del fatturato mensile? Oppure ero io che stavo cambiando?

Più passavano i giorni e più l’ingerenza del mio capo diventava insostenibile. Non sto a raccontarti quanti pianti ho fatto rinchiusa nel bagno dell’agenzia e quante notti insonni ho passato rimuginando su quale fosse la strada giusta da seguire / e un’altra delle frasi che mi dicevo era: ma posso ammalarmi perché le cose non vanno come vorrei? Mi spiego meglio. Credo fermamente che ciò che ci accade influisca sulla nostra salute e che alcune delle malattie che ci vengono, siano in qualche modo legate al nostro stato di benessere mentale. Non sono un medico e non voglio entrare nel merito, ma osservando i miei “malanni” in effetti, forse perché mi lascio condizionare, forse no..chi lo sa, però spesso hanno una correlazione. Quindi mi dicevo: se continuo a stare qui…mi ammalo.

Allora ho iniziato un processo per capire cosa volessi fare veramente. Potevo cambiare agenzia. Fare le stesse cose altrove, magari con un capo più centrato. Ma volevo davvero che quel lavoro mi accompagnasse per il resto della mia vita? Oppure……

C’è voluto un po’, lo ammetto. Dato i tempi che corrono e che correvano allora / non potevo abbandonare il lavoro da un giorno all’altro per dedicarmi alla mia passione. Mi serviva una strategia…e, soprattutto dovevo muovermi calibrando ogni passo e valutando l’impatto che quel passo avrebbe avuto sul passo successivo.. Quindi stavo imparando ad agire tenendo sempre conto delle conseguenze delle mie azioni a breve e lungo termine e non solo su di me, ma anche sulle persone che mi circondavano

Ma i cavalli scalpitavano e a quel punto la mia passione letteralmente urlava dentro quel cassetto. Voleva uscire a tutti i costi. “Fammi uscire” (dopo!). I miei pensieri stavano facendo gli equilibristi tra una vita lavorativa tutto sommato sicura e un salto nel vuoto vero e proprio. E secondo te, cosa ha prevalso?

Ahhhhhh.

Rubrica "Una voce per te"

Con questa prima puntata voglio inaugurare una piccola rubrica, così per tenere viva la mia passione per tutto quello che riguarda la voce. Ho deciso di intitolarla: “Una voce per te”. In ogni puntata ti leggerò delle brevi citazioni o dei brevi monologhi che, forse, ci immergeranno ancora di più nelle nostre emozioni e nelle situazioni che via via ti racconterò. Quello di questa puntata è tratto dal meraviglioso film di Peter Weir, L’attimo Fuggente con uno straordinario Robin Williams

"Cogli l'attimo, / cogli la rosa quand'è il momento". Perché il poeta usa questi versi?

Perché va di fretta! No Ding, grazie per aver partecipato al ns gioco.

Perché siamo cibo per i vermi, ragazzi. /Perché, strano a dirsi,… ognuno di noi in questa stanza… un giorno smetterà di respirare:… diventerà freddo / e morirà // Adesso avvicinatevi tutti, /  e guardate questi visi del passato:.. li avrete visti mille volte, ma non credo che li abbiate mai guardati. // Non sono molto diversi da voi, vero? / Stesso taglio di capelli... / pieni di ormoni… come voi!/ ... e invincibili,/ come vi sentite voi... Il mondo è la loro ostrica, / pensano di esser destinati a grandi cose come molti di voi. I loro occhi sono pieni di speranza: proprio come i vostri. / Avranno atteso finché non è stato troppo tardi per realizzare almeno un briciolo del loro potenziale? / Perché vedete, / questi ragazzi ora / sono concime per i fiori.//  Ma se ascoltate con attenzione / li sentirete bisbigliare il loro monito / Coraggio, accostatevi! Ascoltateli! / Sentite? / "Carpe  sentito? Carpe / Carpe diem/   "Cogliete l'attimo, ragazzi", "Rendete straordinaria la vostra vita"!